Ho visto che al teatro Argentina, in largo di Torre Argentina
c’è uno spettacolo di Beckett. Ho visto che al teatro Argentina danno
Aspettando Godot, allora chiamo il teatro e mi dicono che ci sono ancora pochi
biglietti liberi e ci sono disponibili solo due giorni perché per gli altri
dieci giorni di spettacolo c’è il tutto esaurito. Mi dicono che il biglietto
costa tanto ma è una compagnia importante che mette in scena un testo
importante in un importante teatro romano. Mi convincono e decido di comprare
il biglietto. In fondo ho sempre letto e amato Beckett quindi non posso
perdermi una compagnia importante che mette in scena un testo importante in un
importante teatro romano.
Arrivo al teatro con tre quarti d’anticipo per paura di fare
tardi, non ho mai capito perché devo presentarmi sempre molto prima dell’inizio
di qualsiasi cosa vada a vedere, teatro, cinema, sport, concerti, letture,
presentazioni, mostre. Arrivo sempre almeno mezz’ora prima e non so mai come
fare a passare il tempo.
C’è molta gente di fronte al teatro, tutti ben preparati per
la serata, ci sono molte vecchie in pelliccia, dei giovani con le scarpe di
pitone, molti vecchi con il pastrano, dei giovani con le clark, vari vecchi col
bastone, dei giovani con i caschi in mano.
Il teatro è molto bello, fa un caldo che si muore, ma si sa,
le persone anziane hanno bisogno di stare al caldo.
Inizia lo spettacolo, Vladimiro e Estragone nell’attesa
parlano, urlano, dormono, mangiano, ridono, piangono. Anch’io aspetto Godot.
Non c’è nulla di assurdo in tutto questo, penso, tutte le
parole di Beckett hanno un senso denso, chiaro, definito. Il pubblico del
teatro Argentina non la pensa come me, a volte ho l’impressione che il pubblico
del teatro Argentina non pensi affatto.
Non sopporto la gente che ride a sproposito, soprattutto a
teatro. Non capisco cosa ci sia da ridere quando Didì e Gogo pensano di
impiccarsi, a me viene da piangere mentre ascolto Beckett, e questa platea del
cazzo ride e il loro riso cretino insieme all’angoscia di Beckett mi rendono la
situazione insopportabile. Voglio andare a casa a leggere Beckett da solo senza
tutta questa gente intorno, ma decido di rimanere. Gente che ride senza saperne
la ragione, gente che va a teatro per il solo fatto che è abituata ad andare a
teatro ma del teatro in generale, e in particolare del teatro di Beckett, non
capisce nulla. E forse anche il teatro stesso si è adeguato alle persone che lo
frequentano, rendendo tutto ridicolo, perché il pubblico ha bisogno di questo
ansiogeno senso del ridicolo e questo il teatro propone e il pubblico esce
felice.
Finito lo spettacolo applaudo, osservo con attenzione le
facce delle persone felici che si alzano dalle poltrone.
Esco, allora andiamo?, mi chiedo.
Andiamo, mi rispondo, tanto Godot non viene.